«SOL PER SFOGARE
IL CORE»
Vicinio Orsini, Sacro Bosco di Bomarzo
Ben pochi altri scritti riescono a trasmettere immediatamente, alla prima lettura, un senso di attualità come l'"Orlando furioso" di Ludovico Ariosto. Sebbene in apparenza il poema sia rivolto al passato, all’epoca della cavalleria in realtà è rivolto al futuro, verso i grandi rivolgimenti legati alla modernità (l’invenzione della polvere da sparo, la geopolitica dello stato moderno, il trionfo della relatività e la perdita di certezze). Se nel Medioevo tutte le azioni erano indirizzate al raggiungimento del Paradiso celeste, ora esiste solo la dimensione mondana, terrestre, entro cui tutto si esaurisce : la Luna di Astolfo non è il primo cielo dantesco dove si trovano le anime dei santi, ma il luogo dove si accumula tutto ciò che l'uomo perde sulla Terra, primo fra tutti il tempo sprecato dietro ai beni futili Anche l’ipercinesi senza meta della nostra epoca è ben rappresentata nonostante il poema epico sia vecchio di cinquecento anni. Conserva però ancora oggi il potere quasi magico di intuire il disturbo comportamentale dei nostri tempi: l’essere in movimento come fine. Chi frena il bisogno di azione che anima i cavalieri nell’Orlando Furioso sono due diversi tipi di giardini. Il primo si trova sull’isola di Alcina ed è il prototipo del giardino incantato. Come in altri giardini incantati, lì tutto è falsa sembianza facendo leva sul desiderio di illusione che si cela in ognuno di noi. Il giardino di Alcina non è creato nè coltivato dal lavoro dell’uomo. E’ creato dalla magia, dunque è sterile. E’ composto infatti dagli ex amanti della maga trasformati in piante ed animali. L’altro giardino presente nell’opera ariostesca, contiguo all’isola di Alcina, è il giardino di Logistilla «pudica e santa, maga del lógos, della razionalità, ”: Qui non vi sono incantesimi o piante false né illusionismi. La vegetazione è perpetua così come la beltà de’ fiori eterni. Qui tutto è pace, benevolenza e piacere, eppure questo paradiso è ben poco attrattivo per I cavalieri. Dopo un paio di giorni in quell’ambiente sedato, i cavalieri lasciano spontaneamente il giardino di Logistilla per tornare alla guerra con i suoi rischi e i suoi pericoli. Emerge così il carattere nevrotico e ossessivo dei cavalieri che una volta lasciato l’Eden di Logistilla, si limitano a riprendere le vecchie abitudini, andando in cerca del tumulto della guerra. al posto di seguire le orme di Adamo ed Eva che invece si misero a coltivare la terra Tramontata è la certezza di un bene più grande per cui valga davvero la pena agire, di un destino positivo per l’uomo e, nel contempo, i beni terreni appaiono come vani. E’ l’inizio della Modernità in cui dubbio, insicurezza nella conoscenza, eliminazione di Dio dall’orizzonte della storia e dell’azione umana diventano specchio di un cambiamento ormai avvenuto. Pensiamo che quasi contemporanea alla prima edizione del Furioso (1516) è la riforma protestante (1517). Non servono più chiesa, sacramenti, preti. Questo tipo di individualismo si impadronisce anche di uomini che non aderiscono al Protestantesimo ma che sentono la suggestione del pensiero di Lutero. Mentre i teologi discutevano se Dio lo avesse creato il primo o il terzo giorno della Genesi, I catari attribuivano l’invenzione dell’Eden a Satana che dopo averlo abbellito di alberi carichi di frutta, con il suo sputo crea il serpente che non solo tenta Eva, ma con lei si congiunge e genera dei figli. Invece che meccanismo per l’estasi spirituale i grandi eretici del medioevo definiscono il giardino come luogo di seduzione Quello che manca di certo oggi è un modello di fruizione pubblica e di investimento estetico per la collettività e per il futuro. cui ispirarsi. Perchè il giardino urbano ritorni ad essere attuale forse va consegnato alla meraviglia e al sacro, com’ era l’hortus conclusus medievale, luogo incantato che richiamava l’Eden. L’hortus conclusus è un esempio particolare di temenos (dal verbo temno τέμνω tagliare) che era un appezzamento di terreno riservato al culto e separava ciò che andava preservato e sacralizzato da ciò che non lo era. Entrando in un giardino dovremmo provare nuovamente di essere entrati in una dimensione differente da quella quotidiana. Ritrovare forse lo stupore e un pò quella trepidazione sacra con la quale la coscienza mitologica dell'uomo antico osservava il circostante mondo della natura”. Viviamo però nell'epoca del "disincanto del mondo", come lo definiva M. Weber. Eppure in molti, nel nostro secolo, hanno voluto vedere nella scomparsa del sacro uno dei segni più drammatici della decadenza della civiltà occidentale. Poiché proprio questa sembra essere stata, a lungo, la funzione del sacro: attraverso delle proibizioni e delle prescrizioni, istituire degli interdetti e delle obbligazioni fondamentali per l'esistenza degli uomini, dal momento che grazie ad essi gli uomini potevano costituire un universo ordinato, orientato e dotato di senso, pertanto relativamente rassicurante. A fronte di tutto questo é urgente, forse, recuperare una domanda ed un bisogno che sono comunque soggiacenti all'esperienza del sacro, e che potremmo chiamare, con una parola antica, spiritualità. Ma quali sono i suoi luoghi, rimossi e marginali, nella nostra cultura? Probabilmente si trovano nell'arte e nella letteratura. Da almeno due secoli, ad essa sembra essere stato affidato il compito di fabbricare dei simulacri del sacro, se non dei veri e propri sostituti. Dai romantici in poi la cultura moderna ha prescritto all'esperienza estetica di costruire un nuovo universo simbolico capace di rimitizzare sempre di nuovo, l'esperienza umana, una volta che "gli dei hanno abbandonato la terra" (Holderlin). Da allora é proprio dall'esperienza artistica che gli uomini hanno atteso "un dio nuovo" (Nietzsche). Non sappiamo se esso sia giunto, né se dalle arti lo si possa (o debba) ancora ragionevolmente attendere. Ma é certo che i mondi che han saputo creare restano ancora, per noi, abitabili Un poeta e intellettuale del Novecento che ha vissuto con particolare intensità il richiamo del sacro cercando di metterlo in scena proprio attraverso l’ibridazione dei linguaggi è stato senza dubbio Pier Paolo Pasolini Tutto il suo operato poetico-estetico ha indagato la possibilità di risacralizzare la realtà, restituendole lo spessore del mito, conferendole quella riserva di senso che il materialismo le aveva sottratto Quale deve essere, allora, il comportamento dell’uomo? Per il filosofo Rosario Assunto occorre partire dai giardini. Sono luoghi dell'anima, della contemplazione, della esperienza estetica che portano l'individuo a riflettere sulla vita e su di sé. Nulla di più distante dalla espressione "spazio verde" che, nonostante possa richiamare l'antica parola di "verziere" o "viridario", sopravvaluta l'aspetto utilitaristico e finisce per annullare tutti i profondi significati collegati all'Idea-Giardino. La ragione che spinge Assunto a individuare nei giardini cittadini il punto di avvio di un cambiamento è la forza trasformativa che egli considera propria di tali luoghi. Vivendo nel giardino, scrive Assunto, l’uomo è incoraggiato a «salire, coltivandosi e affinandosi nel sentire, nel pensare, nel contegno» ; «privati o pubblici che siano, dunque, i giardini fan[no] sì che tutto il popolo si comporti in essi da principe» di modo che «il giardino [è] luogo di educazione estetica, nella quale ognuno degli individui che compongono il popolo [è] dalla bellezza del luogo educato a comportarsi da principe». Per concludere dirò che probabilmente Eva, la madre della storia, odiava segretamente l’Eden, luogo che la manteneva in uno stato eterno di fanciullezza e per questo abbia trovato il modo di farsi cacciare mettendo così l’umanità sulla via della maturità .Alla fine, in ogni caso siamo stati consegnati alla nostra responsabilità e per migliorare il mondo in cui viviamo possiamo solo concludere colla frase con cui Candide rispondendo a Pangloss, il teodiceo, espone il suo programma di vita “… ciò nonostante bisogna coltivare il nostro giardino”